La schiacciata come marchio di fabbrica. Sognando un giorno di andare a canestro oltreoceano. A Riccardo Vinciguerra, guardia-ala (classe 2002) che da questa stagione veste la maglia del Guerriero Padova in C Gold e del Petrarca nei campionati di Serie C Silver e Under 19 Eccellenza, piace volare. Non solo con la fantasia, ma anche nel senso della parola: un po’ come fa il suo idolo Ja Morant in NBA quando fluttua nell’aria in un riverbero di jordaniana memoria. Ormai Vinciguerra è diventato per tutti “Vince”, ereditando il nome di un’autentica leggenda come Vince Carter che ha portato a sublimazione la schiacciata (dunk) con la sua “Vinsanity” (“It’s over. It’over”, le sue parole passate agli annali durante l’All Star Weekend del 2000). «L’NBA mi ha sempre affascinato, ma ciò che mi entusiasma di più è la parte più atletica del basket», ammette Ricky Vinciguerra, fuori dal campo impegnato nelle vesti di studente di economia aziendale all’Università di Padova, «Con le schiacciate sento di poter esprimere me stesso. Il mio sogno? Vorrei giocare negli Stati Uniti».

Come hai iniziato a giocare?

«Ho iniziato al campetto con Marco Foglia, un mio amico di infanzia. Entrambi siamo andati a giocare a Noventa, società a cui sono rimasto molto legato. Dopo il minibasket sono stato al Petrarca per un breve periodo. Per questioni logistiche sono tornato a Noventa restandovi fino a 18 anni. La scorsa estate ci siamo sentiti con Nicola Pauletto che mi ha proposto di rientrare al Petrarca e di far parte anche dell’UBP».

Hai scelto Noventa, pur abitando a Mortise, come mai?

«I miei amici giocavano tutti lì, ma sono sempre stato un tifoso della Pro Pace: da piccolo andavo sempre a vedere le partite di “Gilu”, Bombace e Maretto al PalaSavio. Con l’UBP sono finalmente sceso in campo nel palazzetto distante appena due passi da casa».

Cosa hai pensato quando hai saputo che saresti arrivato all’Unione?

«Ero molto eccitato dall’idea di giocare con una squadra del genere. Poi però mi sono reso anche conto che sarebbe stata una stagione complicatissima e non sarebbe stato facile coniugare tutti gli impegni. In certi momenti è davvero difficile bilanciare l’apporto fisico: fare back to back con tre partite a settimane diventa un’operazione complessa».

Che emozione hai provato all’esordio e quando hai segnato il tuo primo canestro in C Gold?

«Lo reputo un bell’inizio e il segno che il mio lavoro sta dando qualche risultato. Voglio mantenere la testa bassa e continuare a lavorare. Questo deve essere solo un punto di partenza».

Che rapporto hai instaurato con compagni di squadra molto più grandi di te?

«All’inizio ero un po’ intimorito nel trovarmi di fronte a gente che ha girato l’Italia disputando campionati professionistici. In seguito ho scoperto un gruppo di ragazzi aperto al dialogo e allo scherzo. Ricevo spesso consigli utili, specie da Eros Chinellato e Matteo Coppo con cui condividiamo lo stesso ruolo in campo. Sono anche le persone che mi sollevano il morale nei momenti negativi».

In che modo valuti l’andamento delle squadre di C Gold, C Silver e Under 19 Eccellenza?

«Partiamo dal presupposto che sono tre competizioni diverse: a livello giovanile è tutto molto più veloce e istintivo, mentre in ambito Senior il livello tecnico è più ampio e tatticamente prevalgono gli schemi e il gioco ragionato. Con l’Under 19 siamo ancora in corsa per qualificarci all’Interzona, a cui accedono le prime tre del girone. In C Silver invece sapevamo che avremmo incrociato avversarie preparate ed esperte: dobbiamo dare il massimo per salvarci nella seconda fase. Con l’UBP bisogna riuscire, ora come ora, a dosare bene le energie psicofisiche per avvicinarci nel migliore dei modi ai playoff».

(FOTO CREDIT UBP)