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Oltre ai gemelli separati alla nascita Andreaus e Benfatto, il derby metterà l’uno di fronte all’altro due fratelli veri. Stiamo parlando di Giacomo e Pietro Cecchinato: il primo (classe 2001) si è messo in luce con la prima squadra UBP e l’Under 18 Eccellenza del Petrarca sfoggiando personalità da vendere, l’altro (annata 1997) è un punto di forza del BAM, che ha contribuito in maniera preponderante con le sue prestazioni alla risalita dei termali in classifica. La passione per la pallacanestro in casa Cecchinato è stata acquisita dal fratello maggiore che ha poi finito inevitabilmente per trasmetterla al minore.
Come hai iniziato a giocare a basket?
Giacomo: «Sono andato a vedere un allenamento di mio fratello all’Arcella, quando avevo quattro anni e sono rimasto folgorato. Ho iniziato subito a giocare e da allora non ho più smesso. Prima di Pietro non c’era nessuno che avesse un passato cestistico in famiglia, ma i nostri genitori, Simone e Francesca, erano maratoneti. Mia mamma ha partecipato anche alla maratona di New York».
Pietro: «Ho cominciato a cinque anni quando mio papà mi portò all’Arcella per la prima volta. Mi chiese se volevo provare: fu amore a prima vista. I nostri genitori non hanno giocato a basket, ma in compenso sono degli sportivi».
Prima della partita d’andata non vi eravate mai affrontati in una gara ufficiale, ma al campetto capitava spesso e volentieri. Chi vinceva?
G: «Di solito giocavamo – o giochiamo perché succede ancora – uno contro uno fino ai 100 punti. Vinceva chi aveva più voglia di arrivare fino alla fine. Abbiamo il canestro sotto casa: è sempre stata una sfida continua. Non abbiamo avuto la fortuna di scendere in campo nello stesso momento all’andata, ma a fine partita ci siamo scambiati un abbraccio. Poi però l’ho preso in giro perché aveva perso (sorride, ndr)…».
P: «Quando eravamo piccoli vincevo sempre io. Erano davvero delle belle sfide. Ultimamente vince spesso Giacomo, purtroppo. Non avevamo mai giocato contro prima del derby d’andata, anche se c’eravamo incrociati in decine di migliaia di tornei».
Che caratteristica ti piace di tuo fratello? C’è qualcosa che gli ruberesti?
G: «Vorrei avere i suoi stessi movimenti in post basso scuola Arcella. Molti lo considerano un mostro da questo punto di vista. Dovrò lavorarci tanto se voglio raggiungere il livello di Piero».
P: «Giacomo è un giocatore molto istintivo con un grande talento quando ha la palla in mano, più di me. È una dote che mi piacerebbe avere perché tendo a essere più metodico».
Chi è il più forte tra i due?
G: «Dipende. Piero è dieci volte più grosso di me, io invece possiedo altre caratteristiche e sono più rapido. Non possiamo però paragonarci: abbiamo ruoli diversi».
P: «Al momento il più forte sono io, ma in prospettiva potrebbe essere lui. Consigli? Gliene davo negli anni scorsi e anche lui mi domandava qualcosa. Ho sempre cercato di seguirlo e correggerlo. Ora, però, ognuno va per la propria strada. E poi adesso siamo pure avversari».
Avete mai pensato di giocare assieme?
G: «Non ne abbiamo mai parlato, ma sarebbe bello, magari a fine carriera. Mi sono allenato al BAM la scorsa estate e in quell’occasione ricordo che Piero mi spiegava come fare determinate cose. Lui è un punto di riferimento».
P: «È un sogno che ho sempre cullato. Spero proprio possa avverarsi in futuro. Ora penso solo al BAM, dove mi trovo molto bene. A inizio stagione siamo partiti a rilento, ma guardando il nostro roster sapevo che ci saremmo rialzati. Otto vittorie consecutive non arrivano per puro caso».
(foto Rocco Antonio D’Argento e Gerardo Paccagnella)
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